Recensione: Signora Auschwitz - Il dono della parola
Buon pomeriggio, lettori!
Ieri sono finalmente arrivati i risultati del secondo test di ammissione e sono positivi, perciò ora sto facendo tutto ciò che serve per l'immatricolazione e i vari test che mi aspettano. Perdonatemi, quindi, se sarò meno presente del solito, ma prometto di essere il più attiva possibile. Naturalmente, l'università sarà per me qualcosa di nuovo, perciò dovrò imparare a gestire bene i tempi, se voglio mantenere attivo questo angolino. Dopo questo aggiornamento sulla mia vita da studentessa, direi di passare al vero argomento di questo post: la recensione di un libro che ho letto il mese scorso, Signora Auschwitz - Il dono della parola di Edith Bruck, che ho trovato davvero interessante.
Autore: Edith Bruck
Casa editrice: Marsilio
Genere: Biografia
Formato: Cartaceo
Numero pagine: 93
Trama: «Un'impacciata studentessa rivolgendomi una domanda mi chiamò "Signora Auschwitz". Luogo che abitava il mio corpo e che mi sentivo anche addosso, come una camicia di forza sempre più stretta, che negli ultimi due anni mi stava letteralmente soffocando, senza che fossi capace di liberarmene.» Ha inizio così il viaggio negli oscuri tormenti dell'anima di una "sopravvissuta", destinata a dibattersi tra i lacci di una memoria cui non si scappa e il desiderio di liberarsi del peso insopportabile di un passato che la inchioda nel ruolo di "testimone". Obbligata a rendere conto di un orrore che non si lascia raccontare e rinnova il sentimento di una perdita irreparabile, la "sopravvissuta" non può andare "oltre" e ritrovare una serena normalità, è costretta ogni volta a ricominciare da capo. Eppure al destino non si sfugge e "il dono della parola" è anche il suo eterno tormento; il dovere di non dimenticare si capovolge nella condanna a ricordare e soffrire e il desiderio di fuga riaccende un insopprimibile senso di colpa, come se il silenzio sottintendesse un vergognoso tradimento. Un racconto sul dolore della memoria, la distanza che allontana dall'indifferenza degli altri, la disperazione di fronte all'incredulità, l'eroismo necessario per raccontare l'orrore che si è vissuto. «Chi ha Auschwitz come coinquilino devastatore dentro di sé, scrivendone e parlandone non lo partorirà mai.»
RECENSIONE
Da sempre mi interesso alla Seconda guerra mondiale, al genocidio degli ebrei, e ho avuto più volte occasione di partecipare agli incontri con i sopravvissuti. Mi sono sempre seduta in una delle poltrone rosse del teatro, tra le file di poltrone in cui sedevano altre persone, altri studenti come me, e ascoltavo con interesse i racconti di coloro che erano sul palco, molto spesso affiancati da un traduttore. Mentre parlavano, cercavo di immaginare ciò che avevano passato e che ora, a distanza di anni, facevano riemergere nella loro memoria. Non mi sono, però, mai fermata a riflettere davvero se ciò che stavano facendo recava loro qualche danno. Certamente ero consapevole del dolore che quei ricordi provocavano, ma non avrei potuto immaginare quali altri sentimenti potessero provare in quelle ore di testimonianza.
Edith Bruck, nata in Ungheria in una famiglia povera, era solo una bambina quando è stata costretta a vivere l'orrore della Seconda guerra mondiale e dei lager nazisti. In Signora Auschwitz - Il dono della parola racconta dei suoi incontri con gli studenti, delle sue impressioni in quelle ore di testimonianza (domande rivoltele da alcuni alunni, comportamenti positivi e negativi da parte dei partecipanti), ma anche della sua vita in Ungheria, con una madre molto religiosa, un padre molto taciturno e lei che già da bambina iniziava ad interrogarsi sull'esistenza di Dio. Il periodo peggiore, quello nei lager, ci viene descritto attraverso i racconti delle testimonianze, toccando a volte anche questioni più delicate o altre più bizzarre. Edith stessa rimane quasi scandalizzata ascoltando le domande che qualcuno del pubblico le porge. Ci mostra le lettere che ha ricevuto da alcuni spettatori, che sono rimasti colpiti dalla sua storia o che, più semplicemente, vogliono farle sentire il loro sostegno.
Edith, però, ci rende partecipi anche della sua situazione medica, caratterizzata da uno stress continuo, che più volte la spinge a pensare di cancellare tutti i suoi appuntamenti, di ritirarsi dal testimoniare l'orrore di cui è stata protagonista. Tutto ciò ce lo racconta in modo spigliato, senza romanzare gli aspetti più crudi e terribili di ciò che le è capitato, e cercando ancora oggi di rispondere a domande a cui non ha trovato risposta. Il messaggio che ci arriva forte e chiaro è che Auschwitz e l'esperienza nei lager non si dimenticano. Ma l'autrice vuole scavare più nel profondo, facendo capire al lettore che ciò che ha dovuto passare non è stato chiuso a chiave in un cassetto; ci fa capire che Auschwitz, oltre a lasciare segni indelebili sulla pelle, ha lasciato segni indelebili anche nella memoria, è diventato come un bambino che si porta in grembo per sempre, come un inquilino devastatore dentro di sé. Grazie a Edith Bruck, al suo punto di vista contenuto in questo piccolo volume, sono riuscita a capire meglio le emozioni, le sensazioni e i sentimenti di coloro che salgono sul palco a testimoniare e che, sebbene sia doloroso, raccontano, in modo che noi possiamo tramandare la storia alle generazioni future.
Voto
★★★★✰
6 commenti
Sembra davvero bello!! Anche a me romanzi di questo tipo mi intrigano davvero tanto ☺☺
RispondiEliminaE' stata una lettura davvero interessante, te la consiglio ❤
EliminaCiao Silvia,
RispondiEliminacomplimenti per i tuoi risultati e continua così!
Questo libro sembra interessante magari da leggere però quando si ha lo spirito adatto
Grazie mille, Susy ❤
EliminaTe lo consiglio caldamente, però hai ragione, bisogna essere nello spirito adatto!
Ciao Silvia, che bella recensione e che bel libro! Sono ammirata dalla tua passione per la seconda guerra mondiale e i campi di sterminio. Io, per quanto conosca l'argomento, faccio sempre fatica ad approcciarmici, soprattutto quando si tratta di libri. Mi spaventa molto sapere che tutto quello che leggerò è accaduto veramente. Quindi tendo, perché sono fifetta, a non leggere libri di questo genere. Nonostante ciò, questo libro ha davvero un sacco di potenziale! E' una testimonianza della testimonianza, una metatestimonianza! Complimenti all'autrice per la scelta di raccontare questo pezzo di storia che quasi nessuno conosce, anche se la possiamo intuire. E grazie a te per questa segnalazione! P.s. complimentoni per il superamento dei tuoi esami e per il nuovo inizio universitario! ;) un bacione!
RispondiEliminaCiao Duille, ti ringrazio ❤
EliminaCapisco che approcciarsi a questo genere di argomenti non sia facile, ma la curiosità ha sempre la meglio su di me. Questo libro non va nello specifico quando parla di ciò che l'autrice ha vissuto, ma da lettrice ho potuto immaginare benissimo ciò che stava raccontando. E' stata una lettura davvero interessante, soprattutto perché ho capito cosa, nel caso della signora Bruck, comporta il raccontare, testimoniare ciò che le è accaduto.